Il rischio di utilizzo fraudolento dei crediti d’imposta Superbonus

La popolarità delle agevolazioni Superbonus, trascinate, sia dalla convenienza, che dall’enorme impatto mediatico del credito d’imposta 110%, ha aperto nel contempo un confronto normativo, che abbraccia sia le fasi degli iter autorizzativi che disciplinano e consentono l’agevolazione, sia la discussione circa la convenienza e la valenza della documentazione a supporto della stessa.

L’agevolazione ha un enorme appeal in quanto il credito d’imposta che mediaticamente è stato previsto ben oltre del 100% l’intera spesa, può essere oltre che detratto, anche utilizzato come sconto in fattura o come credito d’imposta da cedere.

Il primo quesito che nasce è la natura del credito che viene ceduto.

Se è credito d’imposta, soggetto alla normativa tributaria e penale tributaria oppure da considerarlo una concessione statale, stante esservi una parte che eccede l’intera spesa considerata una erogazione pubblica a titolo di fondo perduto. Una agevolazione che nasce dalla esigenza di finanziare il settore edile e consentire un ammodernamento del patrimonio immobiliare degli Italiani.

Il quesito non di poca importanza, porta a diversamente considerare le fattispecie penalmente rilevanti che si potrebbero configurare, nel caso in cui venisse accertato la fraudolenza del credito; è dibattuta la previsione del reato di “truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche” ai sensi dell’art. 316-ter c.p.(1) oppure il reato di “indebita compensazione” ex art. 10-quater, D.Lgs. n. 74/2000(2).

La normativa(3) consente ai soggetti, che hanno sostenuto o sosterranno spese per manutenzioni straordinarie dal 1˚ luglio 2020 al 30 giugno 2022, rientranti nell’ambito del c.d. Superbonus di scegliere:

  1. la detrazione spettante in sede di dichiarazione dei redditi, o
  2. lo sconto in fattura oppure
  3. la cessione del credito d’imposta con la facoltà di ulteriori cessioni.

La qualificazione di questi crediti d’imposta(4) li rende sia diretti a risparmiare imposta abbattendola, che finalizzati ad agevolare il mercato immobiliare e il mondo del lavoro aumentando appunto la richiesta di manutenzioni straordinarie.

Quindi l’esatta qualificazione della loro natura fa sorgere un dubbio cioè se questi crediti siano qualificabili come agevolazioni tributarie o no, e di seguito quali siano poi di riflesso le conseguenze derivanti dal loro utilizzo fraudolento.

La domanda non è pretestuosa, in quanto l’esatta qualificazione permette, in caso di un uso fraudolento, una diversa responsabilità, potendone ravvisare una fattispecie penalmente rilevante:

  • sia di indebita compensazione di crediti non spettanti o di crediti inesistenti, di cui rispettivamente al primo e al secondo comma dell’art. 10-quater, D.Lgs. n. 74/2000;
  • che la fattispecie di “indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato” ex art. 316-ter c.p. 2.

La domanda sorge in quanto il Decreto Rilancio ha previsto la possibilità di scegliere diverse modalità di utilizzo di questa agevolazione oltre la detrazione.

L’art. 121, D.L. n. 34/2020, ha previsto sia un contributo anticipato sotto forma di sconto praticato dai fornitori di beni e servizi sul corrispettivo dovuto, fino ad un importo massimo pari al corrispettivo stesso, che la cessione di un credito corrispondente alla detrazione spettante.

La cessione del credito è cedibile al fornitore, agli istituti di credito e agli intermediari finanziari, ma anche ad altri soggetti, con una non negata possibilità di infinite successive cessioni. Mentre la compensazione si può utilizzare attraverso l’utilizzo del Mod. F24 senza limiti generali previsti per i crediti d’imposta e contributi(5), né il limite di 250.000 euro applicabile ai crediti d’imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi, mentre la quota di credito non utilizzata nell’anno non può essere usufruita negli anni successivi e non può nemmeno essere richiesta a rimborso.

Ancor più intrigante è il fatto che il citato art. 121, al comma 4, per rendere tale strumento appetibile e funzionale prevede, che i fornitori e i soggetti cessionari, rischino, per l’eventuale utilizzo irregolare del credito d’imposta, unicamente che l’Agenzia delle Entrate possa recuperare l’importo corrispondente alla detrazione non spettante, andando quindi a penalizzare i beneficiari della agevolazione.

Ma per rispondere al quesito se il Credito d’imposta da Superbonus è o meno un’agevolazione tributaria è necessario collocare il credito d’imposta non nel concetto di rimborso ma nella natura di credito d’imposta.

È inopinabile come il credito, che deriva dalla cessione della detrazione spettante (pari al 110% della spesa sostenuta), non rimborsabile, ma solamente compensabile, sia da riferire alla nozione di agevolazione tributaria, proprio perché nulla ha a che fare con il presupposto d’imposta e la relativa capacità contributiva del beneficiario ponendo quale presupposto, cui commisurare l’”aiuto”, l’interesse politico economico, sociale o ambientale, inequivocabilmente costituzionalmente rilevante, ma che quindi è evidentemente di natura extrafiscale.

Tali premesse quindi portano i dubbi interpretativi e le considerazioni circa l’utilizzo irregolare del credito d’imposta e le conseguenze di un utilizzo irregolare del credito.

L’Agenzia delle entrate(6) ponendosi nel solco del dettato normativo, ha sostanzialmente ribadito che, se il cessionario del credito lo acquisisce in buona fede, nel caso in cui vengano riscontrate delle irregolarità, egli non perde il diritto di utilizzarlo, mentre lo stesso verrà recuperato sull’effettivo beneficiario, maggiorato di interessi e delle sanzioni di cui all’art. 13, D.Lgs. n. 471/1997.

Le interpretazioni, che permangono e che potranno essere chiarite solo nel momento in cui i controlli, che saranno a campione, inizieranno concretamente, entro i termini di decadenza a tale scopo previsti, inevitabilmente avranno dei risvolti con conseguenze penali.

Si potranno, infatti, aprire varie ipotesi come:

  1. l’ottenimento di un credito in parte esistente ma “gonfiato” nel suo ammontare, oppure
  2. il caso di lavori mai realizzati, oppure ancora
  3. l’utilizzo di documentazione falsa al fine del suo ottenimento.

In quest’ultimo caso in capo al beneficiario o al cessionario consapevole della frode potrebbe configurarsi il reato di “truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche” ai sensi dell’art. 316-ter c.p. oppure, e le peculiarità dell’agevolazione fanno propendere tale ipotesi, il reato di “indebita compensazione” ex art. 10-quater, D.Lgs. n. 74/2000.

Alla luce quindi delle considerazioni fatte che pongono il beneficio come rientrante nell’ambito delle agevolazioni e che esso matura nell’ambito del calcolo e della liquidazione dell’imposta, è utile per determinare il rischio chiedersi in che rapporto si dovranno porre le suddette ipotesi di truffa con i reati tributari e in particolare, l’art. 10-quater, D.Lgs. n. 74/2000.

Se l’iter logico seguito ha un senso e partiamo dal presupposto che il credito d’imposta anche in questa fattispecie sia una agevolazione, allora possiamo ritenere applicabile l’art. 10-quater in virtù della specialità rispetto all’art. 316-ter c.p., in ossequio all’art. 15 del Codice penale che sancisce il principio della lex specialis derogat generali.

Oltremodo poi l’art. 10-quater, D.Lgs. n. 74/2000, pone delle chiare differenze di fattispecie criminosa prevista dal comma 1, ovvero quella di utilizzo in compensazione di “crediti non spettanti”, oppure quella recata nel comma 2, afferente l’ipotesi, più grave, dell’utilizzo in compensazione di “crediti inesistenti”, ovviamente a seconda della condotta concreta posta in essere dal contribuente.

La Corte di Cassazione(7) ha evidenziato l’insidiosità della fattispecie di cui all’art. 10-quater, affermando: “come evidenziato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 35 del 6 dicembre 2017 (depositata il 21 febbraio 2018), con ampi riferimenti all’evoluzione normativa, il delitto di indebita compensazione si differenzia rispetto agli altri delitti in materia di omesso versamento nei casi in cui c’è compatibilità di tali finalità con una uniforme distribuzione dei carichi fiscali e che anche le norme di esenzione o di agevolazione possano, in taluni casi, essere espressione di un principio di ordine generale e superiore”.

In conclusione, si ritiene che, a prescindere dall’ampiezza del concetto di “non spettanza” del credito, nel caso in cui il credito sarà ottenuto fraudolentemente sarà applicabile il comma 2 dell’art. 10-quater D.Lgs. n. 74/2000.

L’agenzia delle Entrate(8) con la circolare n. 4/E/2021, in merito ha fornito indirizzi operativi di attività di controllo fiscale, destinate, in modo specifico, alle diverse macro-tipologie di contribuenti, in particolare ha evidenziato gli alert verso i contribuenti ad elevata pericolosità fiscale e, in particolare, verso coloro che pongono in essere fenomeni di frode, anche attraverso l’utilizzo indebito di crediti d’imposta, quali, ad esempio, il credito d’imposta (crediti imposta per ristrutturazione e per ricerca e sviluppo, e altre agevolazioni), come quelle previste per fronteggiare le conseguenze negative connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19, quali, ad esempio, i contributi a fondo perduto, i ristori, eccetera.

I controlli quindi avranno una particolare attenzione, alle frodi in materia di IVA intracomunitaria, nonché a quelle realizzate tramite l’utilizzo in compensazione di crediti inesistenti o attraverso l’uso di dichiarazioni d’intento false.

Per l’Agenzia delle entrate, inoltre, nelle attività accertative, si renderà opportuno dare priorità a posizioni riguardanti fattispecie e comportamenti che, stante la situazione generale di sofferenza economica, causata dalla pandemia in corso, risultano di particolare disvalore.

In particolare, saranno oggetto di contrasto particolari fenomeni di evasione ed elusione fiscale, quali le frodi, l’abuso del diritto, le false compensazioni, l’indebita fruizione di regimi agevolativi e di misure di sostegno a seguito della pandemia.

Non di poco conto il fatto che le fattispecie penalmente rilevanti riferite ai reati tributari e frodi fiscali, creano utilità (di norma risparmio di imposta), e tale “vantaggio” ha una tangibilità all’interno del patrimonio dell’evasore fiscale tale per cui, si possa effettivamente considerarlo «proveniente da» un delitto non colposo che dopo essere stato quantificato è oggetto di misure reali di sequestro finalizzato alla confisca per equivalente o corpo di reato.

È da anche aggiungere come la giurisprudenza ha oramai chiaramente risposto che il riciclare il provento oggetto di evasione e frode fiscale configura il reato di riciclaggio e/o auto riciclaggio; tale affermazione però impone di affrontare diverse altre questioni interpretative, connesse, ad esempio, al momento di commissione del reato presupposto o di quello presupponente, nonché alle implicazioni rispetto a quest’ultimo delle “vicende” del primo.


Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:

(1)   Codice Penale

(2)   D.Lgs. 74/2000 – Reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto

(3)   l’art. 121 del Decreto Rilancio (D.L. 19 maggio 2020, n. 34) e poi della Legge di bilancio 2021 (Legge n. 178 del 30 dicembre 2020)

(4)   La detrazione è da ripartire tra gli aventi diritto in cinque quote annuali di pari importo e per le spese sostenute nel 2022 in quattro quote annuali, entro i limiti di capienza dell’imposta annuale dovuta sulla base della dichiarazione dei redditi.

(5)   Art. 34, Legge 23 dicembre 2000, n. 388 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”. A decorrere dall’anno 2014, con il comma 2 dell’art. 9, D.L. 8 aprile 2013, n. 35, il legislatore ha individuato in euro 700.000 per ciascun anno solare il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili. Di recente tale limite è stato alzato; nell’art. 147, comma 1, D.L. n. 34/2020 (c.d. Decreto Rilancio) infatti si legge: “Per l’anno 2020, il limite previsto dall’art. 34, comma 1, primo periodo, della Legge 23 dicembre 2000, n. 388 è elevato a 1 milione di euro”

(6)   Agenzia delle entrate con la circolare n. 24/E dell’8 agosto 2020

(7)   Cass., Sez. III, 11 settembre 2020, n. 25922

(8)   Agenzia delle entrate, circolare 7 maggio 2021, n. 4/E – D.L. 22 marzo 2021, n. 41 – Agenzia delle entrate, Provvedimento 6 aprile 2021, n. 88314